Paolo Castelli

di Gianluca Cedolin

Sono molti i ragazzi che sono diventati giornalisti sotto l’ala di Paolo Castelli, bolognese doc e responsabile della sede emiliana dell’Ansa dal 1996 al 2012. Sempre disponibile a consigliare i giovani colleghi, si è distinto per l'impegno civile e a difesa della professione: per questo dopo la pensione ha continuato a collaborare con “Ossigeno per l’Informazione”, l’osservatorio dell’Ordine e della FNSI per i giornalisti minacciati in Italia.

Tra i giovani forgiati dalla sua passione per il giornalismo, anche il corrispondente da Londra per Repubblica Enrico Franceschini (Castelli era infatti il suo capo ai tempi del settimanale “Il Basket”, altra grande passione di Paolo). Franceschini lo ricorda “con la sigaretta perennemente all’angolo della bocca, come i reporter dei vecchi film anni ’40. Ma lui era un giornalista vero, non da cinema”.

Diventato professionista alla Gazzetta dello Sport a inizio anni ’80, ha collaborato con il “Manifesto” e con il “Foglio” prima di passare  nel 1981 all’Ansa, dove è rimasto per oltre trent’anni ed è diventato ben presto una guida per tutti. La deontologia era uno dei cavalli di battaglia di questo giornalista serio ed autoironico, esperto di esteri, di politica, di sport, non solo di cronaca bolognese. Una memoria formidabile, un punto di riferimento per tutti. Amava fare tardi in redazione, passava intere notti a sistemare le cose che, nel caos della produzione diurna, non era riuscito a terminare di giorno. Era uno di quelli a cui bastava stare accanto per imparare qualcosa; alle riunioni di redazione poteva stare zitto per lungo tempo per poi risolvere tutto con una frase.

Anche quando il cancro lo ha costretto al ricovero, lui dal letto del Sant’Orsola ha continuato a scrivere e a inviare i pezzi ai giornali con cui collaborava gratuitamente da quando aveva smesso di lavorare.  Ha voluto continuare a dare il suo contributo professionale, senza intaccare le sempre più scarse risorse che il mercato offriva ai più giovani colleghi.

Nel luglio del 2014, a 67 anni, la malattia se lo è portato via, ma a restare, oltre a migliaia di pezzi nel suo archivio, sono soprattutto gli insegnamenti impartiti ai reporter in erba, e oggi riconosciuti in una borsa di studio che il master ha deciso di dedicargli. Sono onoratissimo, e spaventato, di essere il primo allievo ad associare il proprio nome al suo.