Luca Savonuzzi

di Irene Moretti

 

Un incidente stradale. Una Fiat 126 che si scontra frontalmente con una Volvo 244, la corsa in ospedale. Vana. Così è morto, ventinove anni fa, Luca Savonuzzi, caporedattore di Repubblica Bologna.

Non un caporedattore: “il” caporedattore.

Quando Repubblica decise di aprire la cronaca locale a Bologna, l’incarico fu affidato a lui. Caposervizio prima, caporedattore subito dopo. Diede vita ad un’avventura. La plasmò e la trasformò in un successo che ancora oggi contende al Carlino il primato sulla cronaca locale.

Un predestinato, forse. Con una passione ereditata probabilmente dal padre, Claudio, critico d’arte al Resto del Carlino e responsabile della cultura in Rai.

Figlio d’arte, sì, ma non per questo esentato dalla gavetta. Dura. Lunga.

I primi passi come collaboratore al Resto del Carlino. Il passaggio a praticante con la cronaca locale. Poi il passaggio a professionista e gli anni passati tra cronaca giudiziaria e politica interna.

“Il” cronista.

Nel 1980 l’apertura della redazione bolognese di Repubblica.

Con una professionalità e integrità che lo facevano apparire più alto del suo metro e settanta. Pronto a incoraggiare e difendere i collaboratori, a sdrammatizzare tra una partita a pallone e una a carte. Lavorando senza camicia quando il caldo bolognese non dava tregua.

Fino a quella notte del 20 febbraio 1988, quando in via dei Sabbioni, vicino ai giardini Margherita, Luca incontra il suo destino, a trentanove anni. Lasciò la moglie, Paola Cascella, giornalista, e i due figli. Oggi sarebbe nonno.

A Luca oggi è intitolata la sala stampa di Palazzo D’Accursio, ma se si sa ascoltare il suo nome si può sentire sulle bocche dei colleghi. Ventinove anni dopo ancora piene di ammirazione e di rispetto.

Un’ammirazione e un rispetto chiarissimi nelle parole di chi Luca lo ha conosciuto, di chi è stato suo amico e, perché no, anche un suo nemico. Ne ha avuti molti, perché non ebbe mai alcun tipo di timore reverenziale. Per nessuno.

Luca Savonuzzi è entrato nel pantheon dei giornalisti bolognesi e proprio a lui è intitolata una delle borse di studio del Master in Giornalismo di Bologna. Perché come ha scritto il suo amico e collega Marco Marozzi, “ora i ragazzi arrancano per fare i giornalisti e ringraziano che Luca Savonuzzi sia una borsa di studio: unico modo (…) per ricordare un giornalista (…) Di loro può essere tramandato quel che, giorno dopo giorno, insegnano agli altri e che i più giovani passeranno a loro volta”.